Melphice De'Serovist

===UN SOGNO, ETERNO.===

Le luci vive di Palanthas si ponevano in contrasto alle fredde tenebre che ormai erano calate dovunque l'occhio potesse giungere, tenebre che il figlio di Antenor e Kaya de'Serovist conosceva bene.
Una notte indimenticabile, così l'avrebbe raccontata Thedea Mijryel, una notte intensa, così l'avrebbe descritta Durandalanthas Silvereyes, una notte ricca di speranze, così l'avrebbe sognata Duncan Uth Taggin, ma per Melphice era semplicemente una notte come molte altre, dolce, sublime, confortevole e pura.
Erano passati oltre vent'anni, dall'ultima volta in cui l'Arcimago de'Serovist aveva passaggiato per il gioiello della Solamnia con la complicità dell'oscurità, ma le sensazioni erano identiche, allora come oggi. Gli occhi dei pochi curiosi che ancora non erano stati affrancati dal vino o dalle lusinghe di qualche meretrice sembravano distogliersi, dinnanzi alle nere vesti del mago, una reazione normale, una reazione dovuta, l'unica reazione possibile per chiunque ignorasse il significato della Magia.
Ancora qualche passo e finalmente la notte si sarebbe potuta concludere, in distanza il rumore sordo di vetro che andava in pezzi e il vociare sconnesso di alcune persone.
“Mi scusi signorina, vorrebbe sposarmi?”
La voce di Melphice squarciò le risate, dovute dall'ennesima prodezza alcolica, degli ultimi avventori rimasti nella locanda che alla vista del mago si alzarono e scomparirono, e raggiunse una donna intenta a raccogliere alcuni cocci di quella che una volta doveva essere una bottiglia di vino dal ruvido pavimento di legno.
“Solamente nel caso in cui voi non siate un Mago, un farabutto e un padre indegno.” Fu la risposta della donna.
“Accidenti, mia signora, temo di essere tutte e tre le cose, però sono molto ricco.” continuò il mago dalle vesti nere.
“Sapete qual è la cosa buffa? Anche mio marito è ricco, ma questo non gli ha impedito di dimenticarsi di me e di nostro figlio.”
“Signora, vostro marito dev'essere un uomo molto distratto.” aggiunse sorridendo Melphice.
“Siete divertente sapete, mi ricordate lui, solo più vecchio.” rispose la donna che ormai aveva finito di pulire il pavimento e si era seduta su di una panca non troppo distante.
“Anche voi mi ricordate una donna che conoscevo molto tempo fa, solo che voi siete nettamente più bella.”
“Quante lusinghe, sembrate un uomo sposato in cerca di compagnia per la serata.”
“Sposato io?” Melphice si indicò, lo sguardo interrogativo dell'uomo passo dalla donna alle proprie mani nude che aprì e distese in avanti, in attesa di approvazione.
“Se non avete una moglie e volete sposarmi, bene, dov'è l'anello?”
“Sapete, siete proprio il tipo di donna della quale potrei innamorarmi.”
“Voi invece siete proprio il tipo di uomo che dovrebbe andarsene, nel caso non possieda un magnifico regalo da offrirmi..”
“Allora credo proprio che rimarrò qui qualche attimo ancora.” concluse l'Arcimago De'Serovist avanzando in direzione della donna, e dopo essersi seduto difronte alla stessa, fece scomparire le proprie mani nelle ampie maniche della sua veste nera come la notte per farle ricomparire qualche attimo dopo chiuse.
“Ho uno anello per voi mia signora, tuttavia sarebbe troppo semplice se ve lo consegnassi e basta non credete? Per cui faremo un gioco, se indovinerete in quale mano si nasconde, esso sarà vostro e potrete decidere se sposarmi o meno, diversamente sceglierò io per voi.”
“Accetto, bell'imbusto” disse la donna. “Ma niente trucchi.”
“Così mi offendete…”
“Sarete molto più offeso fra qualche momento, quando avrò ottenuto quel gioiello e vi avrò cacciato dalla mia locanda, potete starne certo.”
Melphice nascose un sorriso e divertito protese le due mani chiuse in direzione della locandiera, la quale, dopo aver fissato bene il mago negli occhi affermò in maniera decisa “La destra, l'anello è nella mano destra.”.
Il prescelto di Nuitari guardò la donna e successivamente aprì la mano destra con una lieve smorfia, mostrando un anello scintillante.
La locandiera con una velocità quasi innaturale agguantò il ninnolo dai risvolti turchesi e prese ad osservarlo con cura sorridendo.
“Bene, avete vinto voi, quindi presumo sia il caso per me di lasciare questa locanda.” proclamò l'uomo alzandosi.
“Fermo li, prima mostrami l'altra mano.” disse la donna con fare deciso.
Riluttante Melphice si rimise a sedere, protese in avanti la mano sinistra ancora chiusa e la aprì mostrando un anello identico a quello visto pochi attimi prima.
“SIETE UN FARABUTTO!” tuonò la vincitrice del gioco.
“Su questo punto eravate stata avvertita e aggiungo che sarebbe stato un peccato se un gioiello tanto splendido, non potesse essere indossato da una donna altrettanto splendida per una mera questione di probabilità, non credete?”.
“Sono d'accordo e per questo motivo non vi caccerò, non ancora almeno.”
“Molto obbligato” concluse l'uomo consegnando anche il secondo anello alla donna.
“Valery e Melphice” sussurrò la donna rigirandosi i due anelli fra le mani “Melphice e Valery”.
“Non ditemi che avete rubato questi due anelli!”
“Ho rubato questi due anelli.”
“Allora siete un ladro e il vostro intento è quello di derubarmi.!”
“Sì, sono venuto qui, per rubare il vostro cuore.”
“Allora temo che dovrete ripassare quando ci sarà anche mio marito, attualmente è disperso chissà dove, a fare chissà che cosa, con chissà chi e per chissà quale ragione.”
“Attenderò il suo ritorno allora.”
“Fate come vi pare, ma voglio mettervi in guardia, sono oltre vent'anni che non si fa vedere.”
“Il tempo non è nulla al confronto della vostra bellezza, aspetterò.”
“Bene, se questa è la vostra scelta, visto il divertimento che mi procurerete quando lui vi vedrà qui a corteggiarmi il minimo è che io vi offra un bicchiere di… latte!”
“Latte!?” Melphice assottigliò lo sguardo per un istante.
“Ad ogni modo mia signora, a caval donato…”.
La donna annuì, esibendo l'anello con un sorriso stampato sulle labbra. “Totalmente d'accordo!”.
“Bene, mi avete offerto dell'ottimo latte” dissè Melphice “per cui il minimo che possa fare per sdebitarmi è farvi assaggiare un ottimo vino, una rara delizia imbottigliata direttamente a Qualinost, un nettare che difficilmente troverete da qualche parte ancora su questa terra, se dovessi lasciare questo mondo, penso che questo vino e la visione del vostro viso sarebbero le ultime due cose che vorrei assaporare.”
Quando il mago finì di parlare, due calici colmi di un vino dal colore intenso comparvero sull'usurato tavolo di legno.
“A cosa brindiamo?” domandò l'uomo dalla veste nera.
“Al momento in cui ti ucciderò Melphice de'Serovist! Per cui fra molto poco” disse la donna seria alzando il calice per brindare.
“Una buona causa a cui dedicare un brindisi Val, ma l'avrei compresa meglio fra qualche istante…”
Il figlio di Antenor si interruppe e concluse il gesto che la donna aveva iniziato facendo risuonare il cristallo di quei calici perfetti.
“Che te ne sembra?” Melphice rimase in attesa, con il bicchiere vicino alle labbra, Valery de'Serovist sorseggiò il vino e dopo qualche attimo, il suo viso diventò paonazzo.
“Ma è ACETO!” urlò la donna iniziando a tossire. Una volta ripresasi dagli spasmi Valery guardò furente Melphice negli occhi.
“Menomale che ne ho ingerite solo alcune gocce!"
"Non chiedo altro" Rispose l'uomo senza cambiare espressione ne battere ciglio."Comunque non è aceto, ma il gusto del veleno che vi ho mischiato. Un veleno potente, anche se non lo si puo' proprio definire insapore" Concluse con un sorriso appena accennato.
"Sempre sarcastico eh? Non mi stupirei se l'avessi avvelenato sul serio" Rispose la donna noncurante, mentre asciugava le gocce cadute sul vestito.
“Non avresti dovuto fare il mago Mel, l'attore teatrale in qualche rappresentazione comica sarebbe stato un ruolo più adatto a te.”
“Se fra gli spettatori di quella rappresentazione comica ci fossi stata tu, avrei potuto pensarci.”
“Non cambi mai.”
“Quasi tutte le persone cambiano ed evolvono Valery, solo che non ce ne accorgiamo.”
“E tu sei cambiato Mel?”
“No, io non rientro nei -quasi-, sono la stessa persona di allora.”
“Ovvero?”
“Ovvero un Mago, un arrogante bastardo e spietato, un assassino senza emozioni, un uomo che farebbe qualsiasi cosa pur di raggiungere i propri fini.”
“Anche uccidere tua moglie?”
“Se lo ritenessi necessario.” lo sguardo di Melphice si fece serio.
“Sei proprio un idiota Mel.” disse la donna.
“Lo sono davvero.” annuì il mago sorridendo.
“Sath non se la sta cavando bene, se te lo stessi domandando, ma ti sarai già informato al riguardo, povera Liriel… era così giovane.”
“Per quanto riguarda Sath io invece penso che se la stia cavando in maniera ottimale, ha superato la Prova dell'Ordine dell'Alta stregoneria e ora è un eccellente mago, ha trovato anche una compagna molto interessante, per quanto riguarda Liriel invece, ritengo che non abbia avuto sufficiente volontà per sorreggere il peso dell'immenso talento che le è stato donato alla nascita ed abbia incontrato la sua fine.”
“Stiamo parlando di nostra nipote Mel, potresti cercare di essere meno distaccato.”
“Non stiamo parlando di nostra nipote Valery, stiamo parlando di una ragazza talentuosa, una maga per diritto di nascita che ha gettato tutto quanto le era stato donato nel fuoco, morendo, permetterai che sia contrariato, considerando lo spreco.”
“Sei proprio un idiota Mel.” disse la donna sedendosi vicino al Mago.
“Lo sono davvero” rispose l'uomo sorridendo.
“Ad ogni modo, cambiando discorso, caro il mio mago farabutto, che ne dici di dare un bacio a tua moglie?”
Melphice annuì e baciò la donna profondamente guardandola negli occhi.
L'espressione di Valery cambiò, il suo viso abbronzato iniziò ad impallidire e la luce nei suoi vispi occhi verdi iniziò ad affievolersi.
La donna ebbe un sussulto, evitò di cadere sul freddo legno del pavimento attaccandosi in maniera istintiva alla nera veste del mago e dopo aver estratto un pugnale, glielo puntò alla gola.
Gli occhi increduli della donna si puntarono sull'Arcimago De'Serovist, occhi che incontrarono uno sguardo privo di emozioni.
“Dimmi Valery, ricordi quando mi domandasti se un giorno avresti potuto ricoprire il primo posto nella mia vita?”
La donna annuì.
“Ricordi la risposta?”
La donna annuì nuovamente.
Melphice sussurrò qualcosa, forse una frase, forse una parola, ma il suono di tutto quello che disse venne coperto dal forte rumore del vento sferzante che fece sbattere violentemente le ante delle finestre della locanda.
La donna lasciò cadere il pugnale a terra e lo abbracciò con tutta la forza rimastagli.
“Sei proprio un idiota Mel.” Disse la donna cercando di reprimere gli spasmi di dolore che a poco a poco la stavano soffocando.
“Lo sono davvero” questa volta il mago non stava sorridendo.
“Ora riposa Val, in pace” concluse il primo figlio di Antenor e Kaya De'Serovist.
Valery sembrò sorridere, un rivolo di sangue le colò da un angolo della bocca, poi lentamente chiuse gli occhi e iniziò a sognare, un sogno dal quale non si sarebbe mai più svegliata…

===C'ERA UNA VOLTA…===

"Mi chiedo perchè mai sia sempre io quello che viene punito, quando a combinare i guai sei sempre tu.", chiese il ragazzo biondo.
"Perchè io sono molto più furba di te, ecco perchè! E anche perchè, un giorno, diventerò una splendida principessa! E si sa… le principesse non possono venire punite!" rispose una voce squillante.
"Non vorrei smorzare il tuo entusiasmo, Kalika, ma sia nostra madre che nostro padre, per quanto nobili d'animo possano essere, servono nella milizia cittadina di Palanthas e sono tutt'altro che un Re ed una Regina.
Quindi la vedo proprio dura che tu possa diventare una principessa!" rispose con tono secco il ragazzo, come a non ammetter repliche.
La bambina, per niente turbata dalla risposta del fratello, rispose col broncio "E allora sai che farò? Mi troverò un bel principe" annuì ripetutamente "lo sposerò e diventerò così la sua principessa, ecco!"
Il ragazzo facendo segno di diniego col capo, le rispose "Lo sai bene che i nobili si sposano solo fra loro. Rassegnati, non hai speranze… e, come se non bastasse, l'unico uomo che potrebbe aver il coraggio di prenderti in moglie dovrebbe possedere alcuni talenti piuttosto rari, come il non sentire quello che dici e il non vedere quello che combini."
"Dì la verità fratello… sei solo molto invidioso di me! Di certo, tu, un principe non lo sposerai mai!"
"Basta mi arrendo." concluse così il ragazzo, sbuffando e mettendosi a sedere sopra al letto.
Trascorsero dei secondi, forse minuti, ed il silenzio era calato inesorabile nella stanza. Silenzio che venne, puntualmente, interrotto dalla voce argentina di Kalika.
"Ehi fratellone, pensi che papà e mamma stiano bene?"
"Che domande… sai bene che papà è un ottimo soldato e che se la caverà; per quanto riguarda nostra madre, è una donna forte ed esperta" ed abbozzando un sorriso aggiunse "non aver timore."
"Invece di stare lì seduta a fare strani pensieri, perché non vai a riposare? Domani ci aspetta un lungo viaggio e vorrei evitare di doverti portare a cavalcioni sino al porto.. o, peggio anora, di perdere la partenza della nave perché qualcuno è troppo stanco per camminare."
Il lineamenti del volto della bambina si rilassarono "Fratellone…"
Impassibile "Sì, Kalika?"
Facendo gli occhioni dolci "…mi racconteresti una storia?"
Con espressione incredula, lui le rispose "Mi auguro tu voglia scherzare… a quest'ora della notte poi!"
"Eddai, ti prego! Se non mi racconti una storia non ce la faccio a prendere sonno." disse lei, con voce quasi spezzata dalle lacrime.
"Sappi che non ti sopporto!" ribattè, estremamente serio, il fratello. In un attimo, tuttavia, anche la sua espressione si addolcì, e guardò la sorella con tenerezza. "E va bene, va bene…" tirò un lungo sospiro - "…però devi promettermi che dopo andrai di corsa a dormire."
"Lo giuro!" rispose Kalika con veemente entusiasmo.
"Mmm, dunque… C'era una volta…"
"Uff… ma cominci sempre così! Io voglio un altro inizio!"
Con tono di rimprovero le rispose "Sono io a raccontare la storia, quindi sono io a decidere come inizia. Se proprio non ti va come racconto io le storie, cercati qualcun'altro che abbia la pazienza di starti dietro."
"Uff… va bene, scusa…" Contrito, il viso della ragazzina si deformò in una smorfia. Smorfia che scomparve in un baleno, come il ragazzo riprese il racconto, lasciando spazio ad un ingenuo sorriso.

"C'era una volta, alle pendici del Monte di Cielostellato, uno splendido regno incantato. Il suo nome era…" fece una breve pausa "…Arkanos."
"La Regina di questo reame fatato, il cui potere era immenso, si chiamava Amelia, e regnava incontrastata da oltre mille anni.
Gli abitanti di Arkanos si eran spesso domandati come la Regina Amelia riuscisse a sfuggire all'incalzar del tempo. Alcuni mormoravano che fosse una potente maga, altri ancora che avesse discendenza divina.
Ciò nonostante, quale che fosse la verità, con il passare delle decadi il suo prestigio si era accresciuto e consolidato a tal punto…" si interruppe pochi secondi, guardando negli occhi la
sorellina " …che nessuno osava più mettere in discussione la sua autorità.
Ebbene… è importante sapere che su Arkanos vigeva una legge che proibiva ad ogni uomo, donna o bambino di guardare la regnante direttamente negli occhi. Pena: la Morte.
Nessuno, in realtà, avrebbe saputo dirti a che era risaliva questo provvedimento. Anzi, si aveva quasi l'impressione che tale legge fosse perfino antecedente alla fondazione del Regno stesso! Oppure, come riteneva la maggior parte della popolazione, che fosse nata in concomitanza alla temuta sovrana.
Un giorno, però, accadde qualcosa di inaspettato. La Regina, oramai dimentica del motivo alla base dell'editto, era così stanca di non poter mai incontrare gli sguardi dei propri sudditi che, con un gesto di infinità magnanimità, prese la decisione di liberare una volta per tutte le sue genti da quel gravoso onere.
Lieti finalmente di poter guardare la propria amata Regina negli occhi, gli abitanti di Arkanos organizzarono sontuosi festeggiamenti per magnificare Amelia e la sua nobiltà d'animo.
Quella sera, la stessa Amelia si sentì liberata da un enorme fardello. E tanta e tale fu la gioia per quella nuova situazione, che la millenaria Regina si concesse di percorrere le strade del suo regno da sola,
come non faceva da così tanto tempo. Aveva quasi completamente dimenticato quanto quel senso di libertà potesse dar piacere… ed i suoi pochi ricordi dei tempi che furono erano alquanto sbiaditi.
Ironia della sorte, fu proprio quello l'ultimo giorno da sovrana della Regina Amelia, ed il ricordo di quel reame incantato svanì per sempre."

"E poi? Come finisce?"
"È finita."
"Ma come è finita? Non hai finito di raccontare tutta la storia! Che cosa è successo alla Regina? Sei un imbroglione!
Sorridendo le rispose "Ahhh sorellina… la continuazione è una storia a parte e, dato che mi avevi promesso di andar a letto se ti avessi accontentata, per questa sera ci fermiamo qui e tu fili subito a dormire."
"Ma non è giusto!"
"Non lo è mai." ed infine aggiunse, raccogliendo tutto il suo autocontrollo e la sua pazienza "Senti… se adesso ti metti a dormire, domani sera ti racconto come va a finire."
"E va bene" rispose Kalika, apparentemente soddisfatta da quel compromesso. "Fratello?"
"Che c'è ancora?"
"Ti voglio bene."
"Anch'io te ne voglio, ma ora dormi, si è fatto proprio tardi."
Detto questo, dopo essersi assicurato che la sorella avesse preso sonno, afferrò il candelabro poggiato sopra alla cassapanca interposta tra i due letti e si diresse verso l'ampia finestra del soggiorno.
Molto provato dalla lunga giornata, il giovane allungò la mano destra per afferrare la maniglia della finestra che, come ogni sera, chiudeva prima di andare a coricarsi. Alzò pigramente lo sguardo e fissò con malinconia il panorama che gli offriva Palanthas.
D'un tratto, un brivido lo scosse profondamente facendogli perder la presa sul candelabro che, schiantandosi al suolo, si spense; eppure la stanza era illuminata a giorno.

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