Kairos

Storia

FIGLIA DEL KHUR

Pioveva a dirotto in quella notte scura, rischiarata solo dal bagliore momentaneo dei lampi. I cavalli spaventati dai tuoni cacciavano nitriti dalle loro stalle e non si poteva udire altro a parte il rumore assillante delle gocce rimbalzare sulle foglie e sui i tetti delle capanne.
Solo un’ombra scura si muoveva fuori dalle mura del villaggio di Port Balifor.
Un uomo avanzava silenziosamente in direzione dell’entrata, portava con sè un fagotto bianco stretto tra le braccia e nascosto sotto il lungo mantello ormai fradicio.
“Chi va la!?Chi sei?!” La voce impetuosa di un possente barbaro sovrastò il rumore dell’acqua. Non ricevette immediatamente risposta. L’uomo ammantato fece ancora qualche passo in sua direzione prima di fermarsi rimanendo immobile. Un lampo illuminò solo un instante il cielo e fu allora che la guardia del Khur riconobbe una veste nera, un usufruitore di magia.
Imprecando nella sua lingua per la sorpresa e il disgusto fece seguire alle parole le azioni, puntando una lancia dall’aria affilata in direzione del mago. Questi non si mosse ne parve intimorito da quella reazione. Con voce calma e piatta prese a parlare nella stessa lingua del barbaro: “Non sono qui per portare scompiglio al tuo popolo fiero barbaro, sono venuto invece in pace, per parlare con colui che chiamate Choorgai l’ Hajhrakkar.”
La guardia ascoltò senza abbassare la guardia ne batter ciglio. Par alcuni istanti parve meditare sulle parole del magus.
“Se vuoi parlare con Choorgai dovrai presentarti disarmato, dammi le tue armi” L’ordine gli uscì spontaneo.
Un sorriso sardonico si dipinse sul viso dell’uomo, divertito per quella richiesta. Il barbaro non se ne accorse, la notte era molto buia.
“Non ho armi con me, non ne faccio uso…ma ti do la mia parola che non praticherò i miei incantesimi…se è questo che ti spaventa.” Proferì le ultime parole con particolare enfasi.
La guardia parve innervosirsi. Con la sua voce roca urlò qualcosa nella sua lingua, non distogliendo gli occhi dalla nera figura di fronte a lui. Subito arrivò un altro barbaro, gli furono impartiti alcuni ordini e se ne andò di nuovo.
Passarono alcuni minuti in cui i due rimasero soli e in silenzio sotto la pioggia battente. Il mago appariva calmo e stranamente a suo agio, cosa che irritava ulteriormente la giovane guardia che dal canto suo non aveva ancora abbassato la lancia, tenendolo accuratamente sotto controllo; o almeno così credeva…
Finalmente arrivò qualcuno: un barbaro anziano, dall’aspetto curato, vestito con pelli di lupo.
Quando vide il magus si fermò un momento sgranando gli occhi nell’oscurità. Diede rapidamente l’ordine di andarsene agli altri due e di lasciarlo solo con la veste nera. Nonostante le immediate proteste gli bastò uno sguardo severo per ammutolirli e farli congedare.
Rimase solo col mago, all’entrata del villaggio con nessuna intenzione di farlo avanzare oltre, ne questi comunque pareva volerlo fare.
“E così ci incontriamo di nuovo…questo vuol dire che me l’hai portato”
“Si’…è qui con me” Il mago lanciò dietro le spalle il suo pensante mantello scoprendo il fagotto che fino a quel momento era rimasto nascosto alla vista.
Choorgai si avvicinò e l’uomo consegnò il suo fardello. Con frenesia il barbaro lo scoprì e rabbia mista a delusione comparve sul suo volto: “Ma è una femmina!”
Una bambina dalla pelle bianca quasi quanto lo straccio che l’avvolgeva iniziò a piangere sotto la pioggia sferzante che la bagnava raggelandola.
“Mi spiace che la cosa ti deluda” Il tono con cui il mago parlò di certo non rispecchiava le sue parole e voltandosi fece per andarsene. Il barbaro lo richiamò ma senza successo: il mago aveva già iniziato una strana litania e scomparve nel nulla, sotto gli occhi sconcertati dell’anziano Leone del Khur.

15 GIORNO DEL MESE DI FIERSWELT,TARDA SERA

IL fuoco scoppiettava allegramente nel camino, le fiamme danzavano frenetiche illuminando la stanza con la loro calda luce e divorando i ciocchi che con cura Kairos aveva disposto. Abbandonata su di una poltrona di pelli d’orso da lei stessa ucciso, giocherellava con una ciocca dei suoi lunghi e selvaggi capelli color dell’ebano, stringendo nell’altra mano una coppa di buon vino rosso.
Quando sentì bussare alla porta sapeva già chi fosse. Rapida come una gatta si alzò in piedi andando ad aprire. Il precettore comparve sulla soglia adombrandola con la sua aria inquietante, ormai del tutto familiare e indifferente per Kairos:
“Salute Kairos”
La donna rispose al saluto e portandosi a lato della porta lo fece entrare. Valnir, togliendosi il mantello, prese posto vicino al fuoco e alla giovane barbara che era tornata alla sua poltrona, studiandolo con i suoi occhi vivaci:
“E’ da molto che non ti vedevo”
“Lo so…”
“Non vuoi dirmi dove sei stato?”
“Per ora ti basti sapere che è la mia fede a tenermi lontano da te.”
La donna parve soddisfatta di quella risposta, non gli fece altre domande ed invece, con espressione tormentata, gli confidò qualcosa che ormai da diverse lune l’angustiava e che da troppo voleva dirgli:
“Ascoltami Valnir, ho bisogno del tuo consiglio riguardo ad un sogno ricorrente che ogni notte mi perseguita…”
Con un elegante gesto della mano l’uomo le fece intendere di continuare.
“Ebbene…sogno di trovarmi nel bosco, sotto una pioggia incessante. Il terreno appare spugnoso da tanto è impregnato d’acqua ed io faccio fatica ad avanzare. Mi sento stanca e pesante. Poi il buio cala tutto intorno… l’atmosfera pare improvvisamente più densa, un odore asprignolo impregna ogni cosa e ogni volta che cerco di inspirare è come se l’oscurità tagliasse l’aria ad ogni tentativo. La gola comincia a bruciare e pizzicare. Con gli occhi spalancati rimango alla ricerca di qualcosa, ma il buio resta privo di dimensione.
Poi ad un tratto mi sembra di percepire la presenza di mio padre Choorgai accanto a me, a pochi passi…lo sento respirare,un respiro profondo e regolare…vorrei dirgli qualcosa ma la gola mi brucia terribilmente e le parole non escono mai. Avanzo un poco verso di lui e all'improvviso sento un tocco gelido sfiorarmi la guancia facendomi sussultare.
Convinta che si tratti di mio padre mi volto per parlargli però l’oscurità è troppo densa, tale da non permettermi di vedere nulla. Mi giro nuovamente e c’e’ un bagliore nel cielo che rivela di fronte a me la presenza di un uomo, che però non è mio padre…è vestito completamente di nero con delle rune cucite ai bordi del suo abito…non so chi sia ne cosa voglia… è allora che tutte le volte il mio sogno si interrompe e mi sveglio nel cuore della notte”.
Valnir l’ascoltò attentamente senza interromperla, tenendo gli occhi fissi sul fuoco le cui scintille parvero scoppiettare più rabbiose.
Kairos riprese: “Ho parlato con Choorgai durante la tua assenza, ormai quasi un mese fa. Mi ha rivelato tutto quello che accadde quella notte.”
L’uomo non sembrò per nulla sorpreso di quella rivelazione e la cosa stupì Kairos.
”Il mio incubo ha cominciato da allora ad essermi compagno ogni notte…voglio capire di più su quell’uomo Valnir! Sono fedele al Khur e darei la vita per ognuno dei miei fratelli e tu più di me lo sai…ma forse la mia carne è la sua carne e il mio animo rimarrà inquieto finchè non saprà la verità.”
Quando finalmente l’uomo parlò lo fece con tono quasi paterno:
“E’ molto ormai che vivi qui nel Khur Kairos, sei amata e rispettata da ogni andah.”
“Tu stesso sai quanto me però che non è sempre stato così…” L’amarezza comparve sul volto della donna nel rimembrare il passato.
“E’ vero… hai dovuto lottare per ottenere il rispetto e la considerazione di cui ora puoi godere…come tutti qui al villaggio ti sei resa conto di non essere la vera figlia di Choorgai…anche a lui hai dovuto dimostrare molto prima di ottenere la sua benedizione di fronte ai padri. La tua forza in tal senso è una delle qualità che più apprezzo”
Kairos lo ringraziò silenziosamente. Versò del vino in un’altra coppa e lo porse all’uomo. Il viso cereo di Valnir, la sua costante aria stanca e annoiata, lo facevano apparire più vecchio di quanto in realtà era.
“Fiera Kairos segui il tuo istinto. Conosco il tuo animo e so che ciò che dici è vero ma ricordati quello che hai guadagnato qui con le tue sole forze e quello che quindi rischieresti di perdere seguendo questo desideri. Ricordati quello che sei…una figlia del Khur!”
Bevve dalla coppa in un sol fiato, riprese il suo mantello ed uscì dalla casa. Kairos ascoltò il suono dei suoi passi allontanarsi fino a scomparire. Ancora accasciata nelle pelli gettò nel fuoco il vino rimasto nel suo calice e lentamente salì le scale della sua capanna, verso la sua stanza da letto dove una nuova notte in compagnia del suo incubo l’attendeva.

ALLA GRANDE BIBLIOTECA DI PALANTHAS

Erano ormai diverse ore che me ne stavo china su un libro dalle pagine consunte, l’odore di muffa che sprigionava non era meno forte degli altri dieci volumi che avevo letto precedentemente. Giravo le pagine annoiata, quasi rassegnata. La mia ricerca infatti non mi aveva dato ancora un solo risultato soddisfacente e cominciavo a temere che non mi avrebbe portato a nulla…
Lestor mi aveva detto di cercare tra quei libri; cominciavo a chiedermi se non si fosse preso gioco di me…
Mi stropicciai gli occhi doloranti, affaticati dalla lettura alla luce di una tremula e fioca candela. Ero stanca, piu’ di quello che immaginassi, faticavo a leggere nonostante avessi avuto un buon maestro al villaggio, ma non avevo la ben che minima intenzione di fermarmi, almeno non fin che la grande biblioteca fosse rimasta aperta.
Misi da parte il vecchio libro polveroso sostituendolo con uno più malridotto e dall’aspetto non meno noioso. Mi infagottai più che potei nel mantello e ripresi la mia silenziosa lettura.
Un fruscio di vesti mi indusse ad alzare gli occhi e mi accorsi di un uomo, seduto a tre tavoli di distanza dal mio,nella completa oscurita’. Nonostante non ne vedessi il volto avevo la strana sensazione che avesse gli occhi fissi su di me.
Non diedi importanza alla cosa. Abbassai di nuovo lo sguardo e cercai di riprendere dal punto in cui mi ero interrotta.
Passarono diversi minuti in cui, leggendo alcune pagine scritte in caligrafia precisa e appuntita, capii che anche quel libro non mi sarebbe stato utile. Lo chiusi accatastandolo con rabbia sopra i precedenti e ne presi un altro.
In quel momento la mia attenzione fu nuovamente catturata dalla figura nell’ombra. Ancora quella strana sensazione, come se egli avesse lo sguardo posato su me… comincia a chiedermi se non era solo una sensazione quando mi fece un cenno di saluto muovendo lievemente il capo. Ricambia sbrigativamente, piu’ che altro per cortesia trovandomi in terra straniera. Decisi di non perdere altro tempo e non vi feci più caso.
Ripresi a leggere, rimanendo indisturbata fino a tarda sera.

Come il giorno prima e quello prima ancora avevo vagliato in tutto una trentina di libri ma nulla tra quello che avevo letto mi portava sulla giusta strada. Sconsolata, avevo la mezza intenzione di smettere almeno per quella giornata ormai alla fine.
Ero presa dai miei pensieri quando successe qualcosa di apparentemente normale, l’uomo di fronte a me poso’ il volume che aveva in mano, si alzò e inizio’ a versare e rimestare qualcosa in una piccola tazza.
Dal principio lo ignorai poi, dopo una decina di minuti, la mia curiosità fu attratta da un curioso profumo di spezie.
Sospirai e sistemai alcuni libri, ritornando ai miei affari; quando improvvisamente mi resi conto che l’uomo si stava avvicinando a me con quella broda in mano.
Fece qualche passo spostandosi alla luce del candelabro, fu solo allora che notai le sue vesti, dal colore rosso vermiglio, le quali mi ricordarono decisamente quelle usualmente indossate dagli maghi devoti a lunitari…
Provai un improvviso senso di irritazione e disgusto. Alzarmi e andarmene sembrava la piu’ allettante delle prospettive ma mi limitai a guardarlo con aria gelida e afflitta. Ero stanca, sfinita, non avevo alcun desiderio di prestargli attenzione….
L’uomo, che doveva essere sulla sessantina anche se il suo aspetto era piuttosto giovanile, fece qualcosa di completamente inaspettato; posò la tazza sul mio tavolo e disse, con tono strano, casuale, rilassato, quasi paterno:
“Faccia una pausa e beva questo, non vorrà ammalarsi”.
Rimasi li stralunata. Ammalarmi?? Lo guardai con un’espressione probabilmente sconvolta e non dissi un bel nulla. Spostai la mia attenzione sulla tazza e poi di nuovo a lui con aria interrogativa e sospettosa:
“Avanti non la voglio avvelenare!” L’uomo sorrise, sembrava divertito e il suo volto pallido e rotondo mi infastidiva almeno tanto quanto i suoi occhi, vuoti, spenti, di un azzurro quasi allarmante.
Forse, spazientito dal fatto che non sembravo fidarmi del suo gesto all’apparenza gentile e per qualche aspetto cavalleresco, borbottò qualcosa che non intesi, prese la tazza fra le mani e ne bevve un lungo sorso:
“Visto? Non e’ veleno! Ora beva, e’ una semplice tisana d’erbe, qui fa piuttosto freddo e ho notato che siete da molte ora seduta a consultare questi libri” Con gesto elegante della sua grassoccia mano indico’ il mio tavolo sul quale vi erano sparpagliati, un po’ ovunque, numerosi volumi: “Questa bevanda vi riscaldera’, le erbe che ho usato hanno la propieta’ di dare questo effetto” Sorrise nuovamente, i suoi occhi azzurri sfavillarono.
Dentro di me la sensazione di fastidio data dalla sua presenza, crebbe notevolmente. Lo guardai, cercando di mascherare la mia insofferenza, rimanendo seduta al mio posto:
“Ser, la ringrazio per questa cortesia, tuttavia non gradisco bere alcun tipo di mistura…. ho alcune faccende da sbrigare, desidero essere lasciata sola…”.
“O ma certo, non intendo rubarvi troppo tempo mia signora. Lasci solo però che questo umile servo si presenti! Mi chiamo Arthur Draikhourse, vengo spesso qui, amo leggere e mi pare che anche voi come me siate amante dei libri” Emise una risatina che mi fece irrigidire sul posto.
“Adoro qualsiasi genere di lettura,da antiche storie e leggende come quella del prode e valoroso Huma, a libri sulle erbe e le loro possibili applicazioni. Sa, posso vantarmi di essere un ottimo alchimista uno tra i migliori di tutta Krynn” Finì di parlare, col petto gonfio d’orgoglio e tono da intenditore. Mi mostro’ un altro ampio sorriso che trovai ancor più detestabile dei precedenti.
Piu’ tempo passavo in sua compagnia, più la mia pazienza si esauriva…tuttavia non intendevo avere alcun tipo di problema per tutto il tempo di permanenza a Palanthas.
Risposi in maniera vaga e sbrigativa sperando di dissuaderlo dal continuare la conversazione, ribadendogli che dovevo portare a termine un lavoro e non avevo proprio tempo di prestargli ascolto. Lo pregai con tutto il tatto di cui una donna del khur è capace di riprendere la sua “magnifica” tisana e di lasciami sola.
“Ma certo ma certo! Non voglio certo farle perdere il suo prezioso tempo”
Con un gesto fugace getto’ all’indietro una ciocca dei lisci capelli pagliericci e un nuovo patetico sorriso comparve su quel volto dall’aria molliccia. Riprese subito a parlare con tono piu’ energico che mai: “Non vorrei sembrarle inopportuno ma non ho ancora avuto il piacere di sapere il vostro nome…” vi fu una pausa in cui mi fisso’ speranzoso,aspettandosi una risposta ma dal canto mio prestavo decisamente troppa poca attenzione alle sue parole. Incapace di mantenere il silenzio per piu’ di 5 secondi si schiarì la voce e me lo chiese direttamente:”Emm, il vostro nome, mia …signora?” Fu allora che risposi spazientita:
“Non vorrei sembrarle scortese, ma come le ho più volte ripetuto non ho tempo da dedicarle! Rispettate la mia richiesta dannazione, andatevene! Credo di essere troppo giovane per voi e la vostra insistenza riesce solo ad infastidirmi…” Lo guardai fredda e col disprezzo scolpito in volto; lui sembro’ rimanerne piuttosto deluso. Corrugo’ la fronte e assunse un’aria afflitta.
Ma ben presto sembrò riprendersi e io scoprii che ci voleva ben altro per dissuadere un individuo simile…
“Facciamo così mia dolce signora” E pronunciò “dolce” in tono squisitamente sarcastico: “voi mi dite il vostro nome ed io vi prometto che scomparirò dalla vostra vista”
Chiuse gli occhi, alzo’ il mento appoggiando una mano sul petto pensando in questo modo di apparirmi più simpatico.
Mi arresi, decisi di mettere fine al teatrino e gli risposi:

“Il mio nome è Kairos”

“Kairos?Solo Kairos?…non mi e’ nuovo questo nome….” Appoggiò una delle sue dita grassocce sulle labbra e assunse un’aria pensierosa, vagamente seria.

“Non siete di questa città vero?”

“No, non lo sono” risposi schietta. Decisi di radunare le mie cose e lasciare la biblioteca visto che lui sembrava non volersene andare. Mi alzai e incomincia a riordinare i libri mentre lui riprese a parlare:
“E di dove siete? Sempre se posso sapere.…”

Dato che ormai me ne stavo per andare decisi di accontentarlo soddisfacendo quest’ultima richiesta.
Sembrò sorpreso dalla mia risposta, infatti non aprì piu’ bocca. Si prese il mento in una mano appoggiandosi con il fianco al tavolo. Avevo appoggiato sullo scaffale l’ultimo libro e stavo per congedarmi, quando disse qualcosa che non mi sarei mai aspettata:
“Ora ricordo dove ho gia’ sentito questo nome ….tempo fa, e vi parlo di anni ormai, un uomo, si presento’ alla mia bottega, tenendo in grembo una splendida creatura. Non avevo mai visto una bambina così bella .…doveva avere qualche mese, era stretta in fasce. Sa, ne rimasi impressionato perché era particolarmente bella ed io adoro i bambini! Ho sempre desiderato averne molti ma purtroppo la mia cara e defunta moglie non fu in grado di darmene alcuno” Sembrò sprofondare per un momento nei ricordi ma riprese subito il suo discorso:
“Gli chiesi il nome della piccola e ne rimasi piuttosto sorpreso perché, non ne abbiate a male per questa mia umile opinione, ma è un nome “ruvido” più adatto ad un figlio maschio che ad una femminuccia così graziosa…”

Non credevo alle mie orecchie…Sirrion sembrava assistermi, forse avrei potuto sapere qualcosa finalmente, qualcosa su mio padre… forse avevo trovato qualcuno. Dovevo avere conferma alle mie supposizioni. Mi appoggiai con le mani al tavolo sporgendomi verso di lui:

“Avete detto un uomo? Che aspetto aveva, riuscite a ricordarlo?”

Arthur rimase sorpreso dal mio improvviso interesse per il suo racconto. Si scosto’ dal tavolo a cui era rimasto appoggiato e mi guardò sorridente: “Oh si certo. Era un mago, portava le vesti nere, piuttosto alto direi, capelli neri, occhi scuri e profondi, barba lunga e curata se la memoria non mi inganna. Lo ricordo abbastanza bene perchè era mio cliente fisso. Era solito comprare da me le erbe che gli occorrevano per i suoi scopi, probabilmente era conscio della mia qualità d’esperto nel campo ….. un tipo piuttosto schivo ma tutto sommato simpatico per qualunque venditore…di fatti feci ottimi affari grazie a lui” Ridacchiò gracchiando.
Rimasi silenziosa, nascondendo la mia eccitazione per quelle scoperte. Ben presto ebbi chiaro nella mia mente quello che avrei dovuto fare; gli sorrisi graziosamente:

“Ormai e’ tardi per procedere nei miei studi, che ne dite di continuare la nostra conversazione, magari di fronte ad un bicchiere di buon vino?”
L’uomo sembrò dal principio piuttosto sorpreso ma presto si riscosse mostrando tutta la sua eccitazione per l’invito inaspettato.
“O ma certo! Qui a Palanthas vi e’ un ottima locanda, saro’ ben lieto di farvi compagnia mia dolce signora” Mi sorrise a sua volta e potei notare nei suoi occhi una traccia maliziosa …ora che però si rivelava un’utile fonte di informazioni, quel sorriso mi parve meno detestabile.

DIVISI

“Precettore” dissi, cercando di mantenere la voce stabile

“Mia signora” rispose lui distrattamente, continuando a riordinare le sue pergamene sul tavolo.

“Ti devo parlare”

“Ti ascolto” disse lui sollevando appena lo sguardo e incontrando i miei occhi brevemente.

“Manda via il ragazzo…”

“Ti mette in soggezione la presenza di un giovane studioso?” chiese con una buona dose di sarcasmo nella voce e una luce un po’ sadica negli occhi. Mi stava provocando, lo divertiva.

“Diciamo pure che e’ cosi’” gli risposi con una dose di sarcasmo uguale e contraria.

Sogghigno’ divertito. Fece un cenno al ragazzo, questi, alzandosi dal suo posto, lo saluto’ con un rispetto misto a timore, a capo chino ed evitando il suo sguardo.
Rivolse anche a me il suo addio e si affretto’ ad uscire dalla stanza, lasciandoci soli.

“Siedi donna” I suoi inviti suonavano sempre come ordini ma rimasi immobile per diverso tempo, cercando di far chiarezza nella testa, ripensando alle parole che avevo scelto prima di giungere alla sua porta.
Ora Valnir non riordinava piu’ le pergamene e mi guardava perplesso. Lesse sul mio volto il disagio che provavo in quel momento e capi’ che qualcosa non andava; ero come un libro aperto per lui.

“Vieni disse, con tono decisamente diverso dal precedente. Si alzo’ e si chiuse il mantello nero intorno al corpo. Avvicinandosi al camino con passo silenzioso, mi indico’ con la mano a palmo aperto, una poltrona. Lo raggiunsi e mi accomodai; lui fece lo stesso, sedendosi di fronte a me. Passarono diversi minuti in cui tenne lo sguardo attento fisso su di me.
Vidi le sue labbra distendersi appena: “Stai bene?”

Sapevo di essere una delle poche persone a cui lui realmente preoccupasse lo stato di salute. Alzai lo sguardo ad incontrare il suo e potei capire perche’ fosse l’incubo di ogni suo giovane discepolo. La sua figura riusciva sempre ad inquietare; nonostante lo conoscessi da anni e nonostante fossi stata sua, ne rimanevo spesso ugualmente turbata.
Lo guardai un istante ancora, un po’ spaventata dalle ombre scure sotto i suoi occhi, poi mi girai verso il fuoco che era ancora alto nel camino.
“Sto bene” risposi. “E tu? Mi sembri molto stanco”
“Lo sono, ma sto bene” replico’ con un sorriso impercettibile, poi si volse lentamente verso di me incrociando le braccia sulle ginocchia: “Che’ cos’e’ che non va allora, riguarda tuo padre?” chiese con voce bassa e un po’ roca.

“No. Riguarda noi due” avevo deciso che era ora di iniziare quel discorso.
“L’avevo intuito” ribatté secco.
Ne rimasi sorpresa e lui se ne accorse e rispose alla domanda che mi era sorta spontanea nella mente.
“Tu non hai attenzione per i dettagli Kairos” disse in tono amaro: “E’ da quando sei entrata che leggo nei tuoi occhi una luce diversa….e non solo oggi…”

Emisi un profondo respiro appoggiando il capo allo schienale e rilassando le spalle. Mi infastidiva essergli cosi’ accessibile. Per me era un periodo dannatamente difficile; un peso che da mesi mi attanagliava, simile ad un intruglio intossicante; non ero piu’ capace di liberarmene, per questo ne soffrivo. Volevo che finisse, che quella strana relazione finisse. Percepii i suoi occhi nuovamente su di me, aveva gia’ capito ogni cosa senza che dovessi aggiungere altro. Forse dovevo ringraziarlo per questo.
“Che succedera’ adesso?” Gli chiesi con voce calma. Lo guardai e mi accorsi che ora non vi erano difese nei suoi occhi, nei tratti del suo volto, non vi era nulla per tenermi lontana, lascio’ che vedessi tutta la sua stanchezza e la sua angoscia. Parlo’ quasi in un sussurro: “ Non volevo che succedesse questo. Se solo c’e’ qualcosa che posso fare per impedirlo…” Strinse i pugni sulle ginocchia, le sue mani divennero bianche.
“No, non c’e’” Gli risposi sincera.
Lui chiuse gli occhi ,una strane espressione muto’ il suo viso prima di rispondermi:

“E allora cosi’ sia”

Era amarezza vera quella che sentii nella sua voce alterata…quasi faticai a riconoscerla.
Abbasso’ lo sguardo, apri’ le mani osservando le linee che segnavano la sua pelle: “A volte tutta la mia fede non serve nulla contro quello che provo in questo momento” respiro’ a fondo e continuo’: “Non volevo finisse Kairos”.
Provai un profondo dispiacere, un profondo rimorso, ma ormai avevo preso la mia decisione. Non sapevo che rispondergli, non dissi nulla.
In silenzio, rimasi a guardare le luci e le ombre disegnate dal fuoco sulla parete in legno; preoccupata mi decisi a chiederglielo:
“Mi odiera?” Sentii la mia voce uscire spaurita.
Lui alzo’ gli occhi su di me, spalancati, sorpresi. Mi fece cenno di no col capo:”Non potrei mai”.
Dalla sua risposta provai quasi solievo. Mi alzai e senza dire nulla uscii dalla stanza.
Lui rimase seduto e immobile per tutto il tempo.

UNA CONFERMA

"Allunga la tua mano"
Kairos ubbidi' e porse la mano guantata all'uomo. Questi la prese tra le sue e vi richiuse qualcosa tra le dita; poi le disse:
"Questo apparteneva a lui, lo portava sempre con se'. Me lo vendette l'ultima volta che ebbi modo di vederlo….credo gli occorresse denaro".
Kairos impallidì, lentamente ritrasse la mano a pugno chiuso. Un turbine di emozioni contrastanti l'avvolsero. Rimase alcuni attimi immobile stringendo ancor di piu' l'oggetto, talmente freddo da raggelarle il palmo nonostante il guanto in pelle. Lentamente comincio' ad ammorbidire la stretta e trattenendo il respiro osservò il contenuto: era un pendaglio in argento, con l'effige di un artiglio. Cio' che maggiormente la colpì però fu la sua forma…..
Subito Kairos si tastò il petto e sfilò dalla sua veste il ciondolo raffigurante un falco che fin da bambina portava legato al collo. Lo avvicinò a quello di suo padre e constatò che era come aveva immaginato: i due pezzi combaciavano perfettamente, il suo si poteva incastrare nel lato inferiore di quello. Lo stupore si dipinse sul volto di Arthur che fino a quella prova era rimasto sempre incerto nel credere a quella storia.
Kairos nascose le sue emozioni, rinfilando il pendaglio sotto l'abito. Alzo' gli okki a incrociare lo sguardo dell'uomo:

"Vecchio amico, ho intenzione di comprare questo oggetto da te custodito per cosi' tanto tempo, detta tu il prezzo ed io cerchero' di rispettarlo, ma bada, anche se piuttosto antico non e' di particolare valore e nessuno te lo comprerebbe per piu' di 100 monete d'argento, quindi si onesto nella tua richiesta"
Gli lancio' un'occhiata fredda attendendo la risposta. Ormai aveva imparato a conoscere Arthur Draikhourse e sapeva che avrebbe giocato al rialzo, consapevole com’era dell'importanza affettiva che aveva per lei quell'amuleto.
L'uomo sorrise maliziosamente, nascose le mani nelle ampie maniche della sua veste:
"E' vero Kairos, quell'amuleto non vale piu' di 100 monete e qualsiasi commerciante con un po' di fiuto per gli affari se ne accorgerebbe, tuttavia riconosciamo entrambi l'interesse che tu vi riponi e sarebbe stupido da parte mia lasciarmi sfuggire….un’opportunita' simile. Non l'ho certo "custodito" tutti questi anni per poi venderlo ad un prezzo irrisorio". Arthur sorrise, con quel sorriso che,fin da quando l'aveva incontrato la prima volta, aveva sempre alterato Kairos. Lei sospiro', con passi lenti e movenze seducenti gli si fece sempre piu' vicina, picchiettando la mano sulla gamba; il mantello assecondava ogni suo spostamento.

"Ehh si', l'avevo messo in conto che un uomo ricco di “pregi” come te avrebbe fatto un simile discorso, e' per questo che io stessa sono disposta ad offrirti il triplo per averlo. Credo sia un compromesso ragionevole per entrambi". Gli era talmente vicino da poter sentire il calore del suo respiro sfiorarle il viso.
Arthur sfoggio' un nuovo, detestabile sorriso, anche i suoi occhi azzurri sembravano sogghignare malevoli; le rispose:
"Non crederai realmente che mi voglia accontentare di cosi' poco….sbagli se pensi questo mia cara"
Cosi' dicendo le cinse con veemenza la vita.
La risposta della donna non si fece attendere, con prontezza gli punto' la lama di un coltello alla gola. L'aveva estratto cosi' rapidamente che l'uomo non ebbe il tempo di accorgersene e sussulto' irrigidendosi al contatto col metallo, costretto a chinare lievemente all'indietro il capo.
La donna non mostrava alcuna espressione sul volto, si limitava a guardarlo con i suoi gelidi occhi grigi. Deglutendo a fatica Athur riprese a parlare, con voce strozzata:
"Dimenticavo che crescere nella tribu' barbara ti ha reso una gatta selvatica….eppure sarebbe una ricompensa adeguata ai miei aiuti…non ti chiederei nemmeno una moneta".
"Che cosa mai potrebbe in cuor mio lasciare che questo accada….un bambino e' meno vuoto di pensieri e buon senso. Sei davvero cosi' stolto da non capire che potrei trafiggerti con questa lama senza nemmeno che tu abbia il tempo di chiamare le guardie? Credo tu debba riflettere sulla mia piu' che ragionevole offerta, altrimenti non avrai piu' occasione per farlo…."
Il suo tono era calmo ma tendeva ad imprimere maggior pressione sulla lama ad ogni parola: "Decidi in fretta caro amico, perche' nonostante tutto, riconosco quanto tu mi abbia aiutato in questa mia ricerca e per questo voglio che tu possa continuare a vivere"
Arthur annui' per quanto gli era possibile, rassegnato al volere della donna. Kairos ritrasse la lama e si scosto' da lui. Sfilo' dalla sua cinta una borsa in pelle porgendogliela: "Qui vi sono 300 monete d'argento, il compenso e' piu' che giusto. Addio Arthur Draikhourse e…..grazie"
Voltatasi usci' lentamente dalla piccola erboristeria, sotto lo sguardo placido e infelice del propietario.

VECCHIO AMICO

“Nicolaji!”
Esclamò sorpresa. Era sempre un piacere per Kairos rivedere il vecchio amico. L’aria stanca era segno evidente del lungo viaggio che aveva percorso per tornare a Balifor. Il viso pallido risaltava ancora di più avvolto nel nero cappuccio della sua veste.
L’uomo le sorrise amabilmente come era solito fare nei suoi confronti e prendendole le mani nelle sue la salutò nella lingua dei barbari.
“Amico mio, andah…è da lungo tempo che non percorri queste vie. I tuoi affari ti tengono spesso lontano…ma vedo che non ti dimentichi di farci visita…” Accompagnò le parole con un sorriso caloroso.
“Ci vuole ben altro per tenermi lontano da te e dalla tua gente Kairos.”
La donna gli sorrise nuovamente, con maggior dolcezza.
“Sei sempre il benvenuto, lo sai, considerato come un fratello per tutti noi.” L’uomo con un gesto del capo, ringraziò mostrandosi onorato.
“Vieni, non puoi rifiutarti di bere con me prima di incontrarti con il Khuri-Khan”
“Molto volentieri Kairos, la mia gola, secca per il viaggio, reclamava il buon vino di Djino”.
Insieme, camminando l’uno affianco dell’altra, si diressero alla locanda, illuminata all’interno dalle torce sempre accese.

BEN RITROVATO ANDAH!

In quel lungo viaggio Haran-Stark chiese a Kairos di accompagnarlo. La donna ubbidì al suo amico e khuri-khan.
Un pugno di barbari erano partiti da Balifor quella mattina per incontrare il capo della tribù dell’ Icereach, poco a sud di Zeriack.
Le lande ghiacciate facevano fede al loro nome.
Non incontrarono nulla sul loro cammino, a parte qualche animale che le abitava. La luce di un sole fantasma, ucciso dalle nubi, filtrava pallida ad illuminarli.
Kairos conosceva bene la strada e guidò il gruppo verso il villaggio barbaro.
Il Khuri-Khan aveva organizzato un incontro al fine di mitigare il rapporto tra i due popoli, incrinatosi da qualche giorno per via degli atti violenti di Karrig-Sturn, guerriero rispettato per la sua forza e il suo coraggio ma spesso, a causa del suo temperamento irruento e poco riflessivo, motivo di screzi con i cugini dei ghiacci.
Avvolta nella sua pelliccia di lupo grigio, Kairos tentava di ripararsi dalle raffiche di vento ghiacciate, capaci di raggelare anche il sangue in corpo. Tutto il gruppo la seguiva fiducioso della sua guida esperta, raffinata dagli anni di esperienza.
La donna di fatto non deluse le loro aspettative riuscendo a condurli sicuri fino alle porte d’entrata della fortezza barbara.
Una tempesta, caratteristica di quei territori, oscurava il cielo…il gelo e le tenebre generarono una malinconia diffusa negli animi dei visitatori.
Haran diede un ordine e uno dei barbari fece risuonare il corno. In risposta, dall’alto delle mura, intravidero una figura ammantata da pelli bianchissime. Si sporse un istante per poi sparire ai loro occhi.
Aspettarono pochi minuti e finalmente le massicce porte di legno furono spalancate.
Si presentarono due barbari ad accoglierli: Alestar Khiesush e Ysak Ken.
Non parlarono subito ma rimasero ad osservarli come fiere in caccia pronte al balzo.
Fu Haran a porre fine a quel silenzio: “Salute a voi cugini”
“Salute a te Haran-Stark signore del Khur” Fu Alestar a parlare.
La tensione che a Kairos lesse da principio ora pareva scomparsa. I due barbari, cosi’ lontani ma nello stesso tempo vicini, discuterono li, sulla soglia del villaggio, la questione che tanto premeva da entrambe le parti. C’era stata un’offesa che meritava spiegazioni e Haran riuscì a mostrarsi prontamente diplomatico in quel frangente.
Trascorse un lungo periodo di tempo, Kairos non sarebbe stata in grado di dire quanto ma era sfinita, i freddo e il vento tempestoso non dava tregua. Rimase sorpresa nel vedere i due barbari immobili,indifferenti alle sferzate ghiacciate e apparire assolutamente a loro agio in quel clima inospitale.
La discussione si accese nel momento in cui una giovane shamana di Sirrion prese parola, nel gruppo, a difesa di Karrig, senza il consenso del Khuri-Khan. I due barbari delle lande ghiacciate la fulminarono con lo sguardo per la sua intromissione, irritati per le sue parole e per la troppa audacia mostrata in una terra che non gli apparteneva. Ysak alzò lascia in sua direzione minacciandola con rabbia di tacere perché non aveva cognizione di ciò che affermava.
A intervenire per riappacificare gli animi non fu Haran questa volta ma Kairos. La Khan degli Hachakee intervenne rapida portandosi davanti al gruppo :
“Cugino dei ghiacci abbassa la tua ascia. La shamana che ha parlato è ancora molto giovane…le sue parole sono state pronunciate con l’animo offuscato per l’affetto verso un fratello di sangue. Se ci siamo spinti sin qui, lontano dal nostro villaggio, lottando contro un ambiente di cui solo voi siete padroni, è perché crediamo all’alleanza che ci unisce. Le parole del mio signore hanno già dimostrato l’intento di riappacificarci. Siete un popolo fiero e assennato…sono sicura che saprete farvi onore, prendendo la decisione più giusta.”
Il barbaro più anziano la guardò con interesse:
“Chi sei tu che parli così?”
“Il mio nome è Kairos, Khan degli Hachakee”
Gli occhi del barbaro guizzarono rapidi verso il compagno per poi tornare a fissarla. Rimase a scrutarla per qualche istante socchiudendo lievemente i suoi occhi espressivi:
“Sei dunque tu Kairos. Ho sentito molto parlare di te figlia del Khur…è un onore conoscerti. Mi sei stata descritta come una valida guerriera e saggia conduttrice; dopo averti sentito parlare non posso che avvalorare io stesso queste voci. “
Kairos ringraziò il barbaro delle lande con un movimento del capo.
Alestar tornò a rivolgersi ad Haran, il quale grandioso, attese una risposta.
Il barbaro sorrise e avvicinandosi abbracciò il Khuri-Khan in segno di riappacificazione.
“Ben ritrovato andah!”

(To Be Continue…)

Descrizione

Kairos è un'Hachakee del popolo del Khur, una donna dalla forte forza d'animo, maestra nell'uso dell'arco, suo fedele compagno di vita.
Slanciata, col fisico di un guerriero degno del titolo di Leone Anziano, ha dei lunghi capelli color dell'ebano, che lascia ricadere liberi lungo le spalle in ciocche selvagge; la pelle abbronzata le risalta gli occhi grigi, vivaci e intelligenti. Nonostante sia cresciuta tra i barbari di Port Balifor è solitamente d'animo più riflessivo rispetto i suoi fratelli ma in battaglia e' irruente e feroce come una fiera non provando alcuna pietà per il nemico. Ama la caccia, Balifor, le gare di bevuta tra andah e la competizione. E' di indole generosa con i fratelli a cui cerca sempre di dare supporto; non sopporta chi si mostra debole e chi non abbia alcun principio d'onore.

Particolarità

http://img99.imageshack.us/img99/7703/kairosfirmafinalecopiasg0.jpg
http://img177.imageshack.us/img177/7328/firmakairoseh5ut2.jpg

- Il primo uomo che uccise da molto giovane fu lo spietato Jael, delle armate dei draghi, salvando così il precettore Valnir, già ferito gravemente.
- Il suo primo arco le fu regalato dal famigerato Khuri-Tal, fondatore del Khur.
- Ancora molto giovane, data la sua abilità con l'arco, le fu affibbiato il nomignolo "Occhio di Falco."
- Nutre una profonda ammirazione per Darigaaz Dei Draghi, che ancora adolescente prese come modello da imitare per la sua forza, nonostante fosse un nemico del Khur.
- Pare che in passato, quando era ancora molto giovane, abbia avuto una storia d'amore con un magus dalle vesti rosse, Xerv. Nonostante la sua natura selvaggia la renda diffidente verso l'uso arcano della magia, rimane tutt'ora affascinata dagli usufruitori di magia, cosa che nasconde molto bene agli occhi di tutti.
- Porta sempre con sè, legato al collo, un ciondolo raffigurante un falco, unico legame rimastogli con suo padre di cui non conosce pressochè nulla a parte il fatto di essere una veste nera.
- Si ammalò di peste durante un'epidemia che sconvolse Port Balifor, fu salvata da un intruglio datole dal Leone Kaeimar.
- In passato professava il culto segreto del dio della malattia e della pestilenza, Morgion, per il quale combattè anche una battaglia utilizzando le vesti con le effigia di morbidi guanti neri e cambiando il suo nome in "Snake".
- Nominata per le sue doti dal Khuri-Kahn, Khan degli Hachakee, ricopì per lunghi anni quella carica, rinunciandovi lei stessa e acquisendo il titolo di Signora degli Archi.

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